Intervista a Gianluca Manzetti

Pubblichiamo di seguito l'intervista a Gianluca Manzetti, regista di Insetti, il cortometraggio vincitore del Premio del Pubblico dell'edizione 2018


Che cos’è per te il cinema indipendente? Quale definizione ne daresti?

È un cinema in molti casi meno ricco ma spesso più libero. La cosa che ho imparato maggiormente da “Roma blues”, la mia opera prima, è che quando non si hanno grandi risorse lavorare con la creatività e fare come si suol dire “di necessità virtù” può essere davvero stimolante e portare a grandi risultati. Non è affatto detto poi, che da questo processo di adattamento creativo i risultati siano inferiori rispetto alle aspettative.

Qual è stato l’iter produttivo del corto “Insects”, che partecipò al nostro festival?

È stato abbastanza semplice tutto sommato: ho trascorso mesi a radunare il budget chiedendo un supporto alla mia famiglia e a tutti i miei parenti. Nessuno escluso! Poi, grazie al costante e determinante supporto del mio mentore Gianluca Leurini, ho conosciuto Vanessa Zerda Rueda, Producer davvero molto talentuosa. Da quel momento è iniziata la discesa e abbiamo iniziato la preparazione. Il supporto del condominio di mia zia e del comune di Nemi sono stati determinanti nel corso delle riprese.

Dopo il corto “Insects”, quali progetti hai realizzato? Che cosa hai in cantiere in questo momento?

Sono sopravvissuto girando pubblicità, fashion film e scrivendo diversi progetti, tra cui “Roma blues” l’opera prima prodotta da Art Film Kairos, Eliofilm e Rai Cinema che ho girato quest’estate e di cui sto seguendo la post.

Qual è, a tuo giudizio, lo stato di salute del cinema nel tuo Paese, e quali opportunità sono offerte ai registi emergenti?

l’Italia, come sicuramente altri paesi, ha una situazione particolare perché di cinema se ne fa ma non è affatto facile per tanti arrivare a farlo. Le grandi case di produzione, tutte, dovrebbero a mio avviso avere l’obbligo di produrre cortometraggi e quantomeno opere prime di registi e registe. Sarebbe molto bello poi se si includesse in questo processo la fascia under 30 che, a mio avviso, andrebbe presa molto seriamente.

Qual è stato il percorso di distribuzione della tua opera?

Insetti è stato distribuito da Premiere film che ha fatto un ottimo lavoro. Tra i premi più importanti quelli come miglior corto al BAFF, al RIFF, fu molto bello anche il premio ricevuto al Fantafestival da parte di Dario Argento e la partecipazione al I LOVE GAI a Venezia. Arrivammo anche in finale nella cinquina ai Nastri D’Argento.

A tuo parere, in un prossimo futuro, ci sarà ancora spazio per la distribuzione dei film nelle sale, oppure lo streaming rimarrà l’unica forma di diffusione delle opere?

Dall’idea che ho maturato suppongo che in un futuro prossimo si andrà in sala per vedere grandi film evento, blockbuster come “Avatar”, film di animazione, cine-comic e tutto quell’intrattenimento spettacolare in gran parte proveniente dagli States. Credo comunque rimarrà la possibilità di vedere, in pochi e forse piccoli cinema, tutto il cinema d’autore. Penso che al cinema ci sarà sempre spazio per vedere anche questo tipo di cinema.

Se si guarda alla grande stagione del neorealismo e a quella del cinema italiano degli anni ’60 e ’70, numerosi sono gli esempi di registi privi di una formazione tecnica specifica; credi che oggi – come allora - sia ancora possibile prescindere dalle scuole di cinema o comunque da un percorso formativo specifico?

Personalmente non ho frequentato scuole di cinema ma ho iniziato lavorando sui set come assistente alla regia. Sono abbastanza convinto del fatto che sia molto importante conoscere bene il funzionamento di un set prima di dirigere un film. Detto ciò, non mi stupirei se una persona che non ha mai messo piede in una scuola di cinema o su un set, desse vita a un grande film. La cosa più importante credo sia avere l’urgenza di condividere col mondo la propria visione. La tecnica di oggi poi si impara abbastanza in fretta.

Quanto sono importanti le affermazioni e i riconoscimenti provenienti dai festival di corti? Possono fare da trampolino di lancio verso la produzione di lungometraggi?

Molto perché permettono di farsi conoscere. So di altri registi che hanno conosciuto i produttori dei loro primi film proprio ad alcuni festival a cui hanno partecipato con i loro corti. Poi è una bellissima occasione per conoscere altri registi, attori, produttori e lavoratori del settore di ogni età, di altre città e paesi. E poi sono ottime palestre per imparare a parlare su un palco, spesso davanti a centinaia di persone!

Quali sono i tre registi che ti hanno maggiormente influenzato?

Sicuramente tre dei registi che amo maggiormente sono Sergio Leone, Michelangelo Antonioni e Joel e Ethan Coen. Ma non riesco ad escludere Fellini, Vittorio De Sica, Ettore Scola, John Carpenter, David Cronenberg, Kubrick, Hitchcock.

….e tre film che non si può proprio fare a meno di vedere?

C’era una volta in America, 2001 Odissea nello spazio, Il grande Lebowski.

Quanto il valore del soggetto e della sceneggiatura possono compensare la scarsa disponibilità di risorse tecniche e finanziarie?

Tantissimo. Come dicevo all’inizio in risposta alla prima domanda, credo sia importante non scoraggiarsi mai quando le risorse non sono molte. Trovare soluzioni intelligenti di sceneggiatura può garantire grandi risultati anche in scarsità di budget. Indubbiamente, se già in fase di scrittura del soggetto si ha il sospetto che il budget del proprio film sarà contenuto, allora tutte le riflessioni cosiddette “smart”, dovrebbero partire da lì.

Qual è, secondo te, la funzione del cinema oggi? Qual è il contributo che tu vorresti dare a questa arte?

Per me il cinema è legato al sacro. Sono ateo, forse sempre più nichilista col tempo e ho fede in poche, pochissime cose. Tra queste c’è il cinema, inteso come atto sacrale in cui si entra nel buio di una sala con altri sconosciuti, si accende il proiettore e inizia la magia. Per me il cinema è religione. Vedere, scrivere, girare e post produrre film, è un atto sacro. Quello che voglio fare più che dare, prima di tutto, è non tradire mai questa sacralità facendo ciò che non sento.

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